... per la serie splendide soundtrack in perfetta simbiosi con la pellicola cinematografica.
A me la storia del film è piaciuta tantissimo, ma di più la colonna sonora di Peter Kyed - non ancora pubblicata ma lo sarà presto - gli effetti rumoristici ambientali, ma soprattutto i paesaggi che se non sbaglio dovrebbero essere le Highlands scozzesi.
Storie di vichinghi e cattolicesimo ... vi lascio un link per gustarvelo se certe sere non avete null'altro da fare. Io insisto: soundtrack da brivido, assai inquietante.
... ebbene, si è capito che ho un debole per le fanciulle che fan musica "strana", vero? Il festival di Torino (l'ultimo a quanto pare) è cominciato alle ore 16 ed è andato avanti fino in tarda notte. Tanta gente al No Fest! E' un peccato che sia davvero l'ultimo.
Io l'ammetto, senza nulla togliere agli altri artisti/band molti dei quali non conoscevo neppure, ci sono andato solo ed esclusivamente per loro: la signorina ?Alos e Lili Refrain.
Giorni prima avevo mandato una mail a Lili per sapere più o meno a che ora sarebbe stata la sua esibizione, lei gentilmente mi rispose che comunque, visto che arrivava in treno alle 21.30, sarebbe stato in serata. Meglio così, ed infatti sono arrivato a quell'ora. Mi informano che la signorina ?Alos suonava un ora più tardi e subito dopo era il turno di Lili, entrambe nella "Death Room": wow! Un rapido giro di bancarelle per cercare qualcosa di interessante, trovato, poi ripasso e decido di entrare nella sala "Indoor", quella dove normalmente e per tutta la stagione lo sPAZIO 211 tiene i concerti. Credo suonassero gli Ornaments: bravi, picchiano duro e forte! Li ascolto fino a chiusura e poi rifaccio il giro delle bancarelle. Mi fermo in una, quella vicino al tizio della Boring Machines (ma ho preferito non palesarmi, comunque lo ringrazio attraverso queste pagine per avermi mandato mesi fa gli ultimi promo della sua etichetta), e compro qualcosina. Dopodiché avevo adocchiato qualcosa da una altra parte, ovvero "Autumn Is Coming, We're All In Slowmotion" di Matteo Uggeri e Andrea Ferraris: un disco che era in wantlist da molto tempo. Allora lo prendo, faccio per pagare e chi gestiva la bancarella mi dice che per 5 euro in più potevo prenderne uno ancora. Loro mi dicono di prendere "Pagetos" ma io gli rispondo che è già in mio possesso e così - strano perchè non racconto molto delle mie cose - mi scappa di dire che ci ho scritto anche una recensione per OndaRock. Da li qualche chiacchiera, credo uno dei due fosse il titolare della etichetta Fratto9, mentre l'altro era Luca Mauri, che mi fece gli elogi per la bella recensione, visto che a lui interessava molto.
... una delle cose più belle che ho ascoltato lo scorso anno. Li saluto e vado nella "Death Room". La signorina ?Alos è quasi pronta ed io sono molto curioso di sentire e vedere la sua performance.
- ?Alos -
Suona per circa venti minuti. Non saprei nenache definire quello che fa, forse è sperimentalismo metal ricoperto da tanti effetti sonori come le numerose campanelline che avvolgevano i suoi lunghi dreadlocks in un mantra mistico e psichedelico: assolutamente da rivedere in una edizione più lunga.
Poi è il turno di Lili Refrain. Giuro, io l'adoro, ed ho scoperto che dal vivo è - oltre che carina - anche simpatica. Quello che riesce a fare con la propria chitarra mi fa entusiasmare. Ha anche fatto un brano del suo nuovo imminente disco. Brava e bella.
- Lili Refrain -
Apprezzaimola meglio in un estratto del precedente live torinese tenutosi allo United Club.
Mi faccio ancora una birra, rimango nella sala della morte ad ascolatre Mai Mai Mai che fa mezz'oretta di drone-noise e ... ma si, mi fermo anche ad ascoltare una parte del concerto dei Zeitgeist: non ascoltavo roba metal dal vivo dai tempi dei Sepultura al Pellerossa Festival di metà anni Novanta, quasi quasi ci scappava pure un pogo ... no, meglio di no.
Una bella serata, tanta gente. Speriamo davvero non sia l'ultimo ... anche per le bancarelle neh.
Si, vero, lo so,
questo blog sta prendendo decisamente una virata femminile, ma che ci
posso fare io se queste sonorità le fanno meglio loro, e riescono a intersecarsi meglio con alcune mie frequenze
malate? "Taxidermy Of Unicorns": l'arte della seduzione femminile in quattro atti drone-folk-ambient. Uscita - doppia audiocassetta - che finirà anch'essa tra le cose migliori di questo 2013. Quattro splendide donne: la neozelandese Alicia Merz (Birds Of Passage), la franco/belga Felicia Atkinson (Je Suis Le Petit Chevalier) e le americane Rachel Evans (Motion Sickness Of Time Travel) e Lynn Fister (Aloonaluna).
Sono molto musicalmente legato a tutte, ma in partciolare ad Alicia Merz per avermi/ci regalato la più bella copertina di sempre (parere mio neh) con l'album "Winter Lady".
- Winter Lady cover -
- Alicia Merz -
- Felicia Atkinson -
- Rachel Evans -
- Lynn Fister -
Comunque, sperando di non risultare orrendo come mio solito nello scrivere, mi sono permesso di buttare una piccola recensione su questa release, spero si capisca il senso.
- Taxidermy Of Unicorns -
Quattro nomi per
altrettante splendide artiste: Alicia Merz (Birds Of Passage), Felicia Atkinson
(Je Suis Le Petit Chevalier), Rachel Evans (Motion Sickness Of Time Travel) e
Lynn Fister (Aloonaluna). Non bisogna aggiungere altro per descrivere queste
deliziose donne, tre delle quali già ampiamente sviscerate magnificamente su
queste pagine.
L’unica che ancora non ne faceva parte è Aloonaluna, che
poi è anche la titolare della neonata etichetta Watery Starve, per la quale
esce – in edizione limitata a 200 copie – questa doppia audio cassetta
contenente quattro brevi Ep dallo stupendo e ben curato artwork, fatto
di poesie, testi e racconti, fili di lana, foglie secche ed immagini inedite
delle sopraccitate artiste.
“1890 Story” è il titolo di Birds Of Passage. Alicia, come
suo solito, attraverso il proprio trademark, ovvero un drone-ambient
dolce, soave e leggero, fa fluttuare in mongolfiera, sgusciando fra cumuli di
nuvole color turchese, dal candido odore di vaniglia e di zucchero filato:
sognante.
“Sauna Fauna” - l’album di Felicia Atkinson – per comprenderlo sono necessari aggettivi o parole all’apparenza senza senso: ipnotico, esotico,
psichedelica mistico/sintetico, calcoli matematici e geometria applicata, dejavu
alla “Matrix” e rintocchi da orologio atomico a pendolo.
Un massiccio drone gelido e isolazionista, proveniente
direttamente dalle Highlands scozzesi, è l’introduzione di “Subtle Stones”
curato da Motion Sickness Of Time Travel. Prosegue poi con dronici
arcobaleni, robotiche pulsazioni, cristalleria fotoluminescente e tanto umore
spettrale: ansioso, e al tempo stesso rilassante.
Ultimo, ma non per questo poco interessante, il lavoro di
Aloonaluna: davvero un bel nome simpatico, che mette allegria. “Swan-Weather
Poem” suona frivolo e spensierato, dolce, a tratti bambinesco e in altri
natalizio, distorto, acido e perfino abrasivo, visionario, clericale ed
ovviamente etereo: spiazzante e caotico.
Un disco
ottimo per tutte le occasioni, ma soprattutto per le lunghe pause pranzo da
lavoro; da assorbire come una sorta di ricostituente mentale. “Taxidermy Of
Unicorns”: il seducente e rilassante potere femminile.
Non mi sentivo molto "bene", tanto che volevo saltare l'appuntamento live, ma poi, la vocina - quella buona - che ho in testa ha prevalso sulle altre, e così alla fine ci sono andato. Non ero ancora stato al Bunker di Torino (ex stabilimento SICMA); davvero un bel posto per fare questi eventi musicali da sotterranei, sono quei luoghi che mi piacciono davvero tanto.
Mi era stato comunicato che l'ingresso era libero e che avrebbero cominciato puntuali, e cioè alle ore 22, così arrivai un pochino prima, circa mezz'ora prima. C'era ancora un pochino di luce naturale, entrai e la vidi subito ... beveva una birra assieme alla sua cara amica Aurélie (Alahuta). Ci fu un brevissimo incrocio di sguardi, anche perchè in quel momento si e no c'erano presenti una decina di persone. Mi distrassi giusto un momento per fare un giro per il locale - lo spazio interno è molto ma molto bello - ma in realtà avrei voluto tanto scambiare due paroline con Alice e magari farmi fare tanti autografi su tutti i suoi lavori in mio possesso ... che però, ahimè, siccome sono una persona assai timida e poco loquace ovviamente non portai.
Alice Dourlen (Chicaloyoh) è esattamente come me l’aspettavo. Una
dolcissima ragazza francese, molto carina e probabilmente anche un pochino
timida, e con uno splendido sorriso che (quasi) certamente nasconde un animo
malinconico ed inquieto: due caratteristiche che per quel che mi riguarda non trovo affatto negative, anzi, tanto che potrei riconoscere una persona così in mezzo ad altre migliaia "normali".
Mi presi una birra anche io, mi pare fosse una Menabrea, e mi sedetti in attesa dei concerti, che cominciarono circa venti minuti dopo le 22. Subito, dopo qualche problemino tecnico, comincia Alahuta. Suonò una trentina di minuti scarsi proponendo il suo repertorio che potrete trovare/ascoltare e comprare in formato cdr sulla propria pagina bandcamp. (io già l'avevo da mesi con tanto di letterina allegata che mi informava che probabilmente avrebbero fatto un tour in Italia nel periodo di giugno).
Chicaloyoh proseguì immediatamente, anche la sua esibizione ebbe la stessa durata. Mi sedetti in terra, appena sotto il palco ad una distanza di circa cinque metri da lei e ammirai la sua performance dal vivo. Brava è brava, bella è bella, e merita ben più
attenzione dei pochi – ma fortunati - spettatori che hanno assistito al
concerto sabaudo.
Finita la sua esibizione, entrambe si sedettero a circa un metro da me (e giuro che avrei tanto voluto scambiare due parole) per assistere al concerto finale dei Dead Western: band americana dedita ad una sorta di psycho-dark folk che io personalmente non conoscevo, ma assai interessanti.
Verso l'una di notte terminò tutto e nella mia testolina malata le salutai entrambe, sperando di rivederle in altre occasioni.
... più avanti ne parlerò di questa fantastica - secondo me anche molto carina - artista francese.
Dicono dei torinesi che sono pigri come gli orsi ... mah, io non lo credo, ma di sicuro io si.
Il mio poco girovagare per il web mi ha portato comunque a sapere che domani 16 giugno 2013 ore 22.00 presso il Bunker di Torino ci sarà Lei in concerto, ovvero Alice Dourlen: CHICALOYOH ... che mi piace tanto, soprattutto nel progetto di qualche anno fa Folle Eglise.
L'ingresso mi dicono sarà libero ... e pare che sarà presente con la sua fedele amica Aurélie componendo così gli Alahuta ...
... una promessa è una promessa. Ecco l'ennesimo disco inquietante della
dolce Sachiko. Posto qui, come anteprima, una specie di recensione, se
lo vengono a sapere dall'altra parte mi sa che mi cacciano
immediatamente ... vabbè, magari più avanti la faremo pubblicare (ora non ne ho voglia di
rientrare in quei lidi).
E’ risaputo che le onde sonore nel vuoto non dovrebbero
propagarsi. In realtà gli scienziati assicurano che, anche nello spazio o
universo estremo, il vuoto assoluto non può esistere per cui è tutto un
paradosso.
Sachiko, con quest’uscita esauritasi subito in fase di
pre-ordine, riesce a catturare queste impercettibili frequenze cosmiche,
racchiudendole sotto forma di un ipotetico e fantasioso viaggio spaziale
all’interno del sistema solare, spingendosi perfino oltre l’orbita del
tenebroso Plutone.
Attivando i potenti microfoni dell’astronave madre Loka, –
parola strettamente legata alla cosmologia induista - dapprima capta le
caustiche frequenze dei venti solari che s’infrangono sulla superficie
incandescente e tumefatta del pianeta Mercurio (“Der Fliegende Devadatta”), poi
le sinistre e sirenesche note che riescono a sfuggire dalle opprimenti e
asfissianti atmosfere venusiane (“Last Days”).
Dai vorticosi turbinii harsh-noise emessi dalla GMR
(Grande Macchia Rossa) di Giove (“Black Cakram”), e con un salto di pochi
secondi sfiorando la velocità della luce, si passa direttamente ai quasi venti
minuti dei lamentosi attriti infernali degli anelli di Saturno (“Loka”), fino
ad arrivare a ricevere i flebili, gelidi e siderali decibel degli sconfinati ed
oscuri spazi oltre i confini del sistema solare (“The Apparition Of The Dune”)
prima del mesto ritorno agli orrori del pianeta Terra (“Return”).
Potremmo chiudere sostenendo che “Loka In The Black Ship”
è la colonna sonora di uno di quei film horror-fantascientifico: una mélange
tra “Atmosfera Zero”, “Alien”, il disneyano e misterioso “The Black Hole” e
l’inquietante “Terrore dallo spazio profondo”; oppure, se volete, si può sempre
parafrasare la celebre frase iniziale della serie televisiva di culto “Star
Trek”: "spazio, ultima frontiera noise! Eccovi i viaggi dell’astronave Loka,
durante la sua missione quinquennale diretta all’esplorazione di strane
malattie, alla scoperta di nuove forme di suoni e virus, fino ad arrivare là,
dove nessun uomo è mai giunto prima".
... quello che fa con queste scodelline colme d'acqua è fenomenale. Ombrophila è stato per me una delle più belle scoperte dello scorso anno ...
ah! che ve lo dico a fare ... fanciulla giapponese trapiantata ormai da anni in quel di Parigi.
... vi lascio una specie di recensione di Ombrophilia che scrissi tempo fa ...
Residente a Parigi da quasi un decennio ma nata e cresciuta a Yokohama, la dolce fanciulla giapponese Tomoko Miyata aka
Sauvage è potenzialmente il nuovo volto artistico di musica
d'avanguardia e sperimentale del Sol Levante. È bastata qualche traccia
rilasciata nel 2008, giusto per scaldare gli animi e per farsi
ovviamente conoscere, per convincere - appena l'anno seguente -
l'etichetta indipendente either/OAR a puntare su di lei, facendole
pubblicare quello che finora è l'unico album ufficiale intitolato
"Ombrophilia".
Già, proprio così, "Ombrophilia" è un disco di qualche anno fa, e che passò inspiegabilmente inosservato. La neonata label franco/belga Aposiopèse, ristampandolo in vinile, lo ripropone sperando di ottenere un maggiore interesse di pubblico.
Se la musica sprigionata dai dronici rumori della più nota Sachiko manifesta caos e sensi di dolore interiore, le ammalianti note di
Tomoko Sauvage, per contro, sono sempre semplici e lineari, in un certo
senso rassicuranti e di rinascita spirituale.
La strumentazione utilizzata da Tomoko, quella che la porta a creare quelle sue piacevoli e avvolgenti performance
sonore, è davvero particolare: attraverso lo sfregamento e le lievi
percussioni di cucchiai di legno e fili metallici su vari set di ciotole
di porcellana colme d'acqua ottiene svariate frequenze di rumori che,
catturate da un idrofono posto in prossimità o in immersione,
determinano quelle sensazioni di trovarsi realmente all'interno di una
sacca di liquido amniotico.
È l'acqua, dunque, lo scenario
principale, e se è vero che dove c'è acqua c'è vita - come ripetono da
anni biologi e scienziati di vario tipo - bene, allora "Ombrophilia" è
un disco vitale, sognante, pensieroso, meditativo e assai stimolante.
Perché incuriosire e stuzzicare il cervello umano cercando acqua allo
stato liquido e forme di vita laddove ci sono distese di aridi deserti
quando in questo bel pianeta Terra ne abbiamo anche fin troppa e per lo
più la sprechiamo? La risposta è in quest'album, ovvero come utilizzare
al meglio la cosiddetta H2O.
L'abilità di Tomoko nel giocare con
l'acqua, coi riflessi e le onde sonore che si propagano verso l'ambiente
circostante, ti fanno chiudere gli occhi e tempo un attimo cominci a
pensare a petali di fiori di loto che, portati da soffici folate di
vento, si adagiano dolcemente sulle rive di un lago malinconicamente
ghiacciato; a lacrime di rugiada invernale che cadono ad intermittenza
su una marmorea e gotica lapide, ma anche a religiose cerimonie di
meditazione di un tempio buddista arroccato tra le montagne del Tibet.
"Ombrophilia"
è una sorta di rivisitazione moderna e orientale, ma soprattutto un
omaggio allo Jalatarangam, lo strumento indiano composto di ciotole in
ceramica o metallo sintonizzate con acqua. Sarebbe curioso indagare se
la temperatura dell'acqua influenzi o modifichi le sonorità come accade
per lo stato molecolare o per quelle sensazioni di caldo/freddo che si
hanno sulla pelle. Accontentiamoci e non poniamoci altre domande, anche
perché in periodi di crisi mondiale come questi ultimi anni l'uso
dell'acqua calda è un lusso.
... nell'attesa del post sull'ultimo disco di Sachiko (probabilmente/spero nel fine settimana) vi lascio il video della stupenda canzone dei Magdalena Solis: band proveniente da Bruxelles.
Dovrebbe uscire entro fine anno il loro terzo lavoro ... che io aspetto con molta ansia, mentre da pochi mesi è uscito in 50 copie (uno è a casa mia) un dvd contenente tutti i loro splendidi videoclip musicali.
... abbandoniamo momentaneamente le lontane terre del Giappone e ci trasferiamo in Italia.
- Lili Refrain -
Direttamente dal suo sito: Lili Refrain è una chitarrista, compositrice e performer romana che dal 2007 ha un progetto solista in cui indaga le proprietà contrappuntistiche ed emotive della sovrapposizione strumentale e vocale. I suoi brani scaturiscono dall'orchestrazione in tempo reale di chitarre elettriche e voci che mescolano l'ambient minimalista a psichedelia, folk, blues, epic metal, opera lirica e virtuosismi chitarristici. La sua padronanza tecnica e il suo raffinato gusto compositivo conducono l'ascoltatore in un indimenticabile ato unico oltre i confini di qualsivoglia genere musicale.
Io, vabbè, trovo l'album di qualche anno fa intitolato "9" sia fantastico.
... se interessa un link bussate.
... altrimenti ascoltate qui sotto:
Ricordo che la graziosa fanciulla Lili Refrain dovrebbe esibirsi in quel di Torino il giorno 22 giugno all'interno del No Fest che si terrà allo sPAZIO 211 ... quasi quasi ci vado.
... no, dico, non vi ispira tanta dolcezza e tranquillità questa immagine? A me si ...
Keiko Higuchi è una meravigliosa artista giapponese, suona il piano ed ha una voca stupenda ... pare anche che abbia collaborato con quello psicolabile di Merzbow (che io, salvo rarissime occasioni, non ho mai gradito).
Lo so, ho un piccolo debole per le cose del sol levante ... quando poi son fatte da fanciulle i miei ospiti vanno in vacanza.
La Utech, la stessa etichetta del disco di Sachiko, tira fuori questo gioiellino ... che finirà certamente tra i migliori ascolti di questo 2013. Dateci almeno un ascolto ...
... cominciamo con una delle cose migliori che ho ascoltato lo scorso anno.
Dies irae, dies illa, dies tribulationis et
angustiae, dies calamitatis et miseriae, dies tenebrarum et caliginis,
dies nebulae et turbinis, dies tubae et clangoris super civitates
munitas et super angulos excelsos.
(Sofonia, 1: 15-16)
L'artista nipponica Sachiko stupisce ancora: abbandona momentaneamente le sonorità droniche - suo celebre marchio di fabbrica - orientandosi con questa uscita verso territori prossimi all'ambient rituale.
Registrato
a Tokyo nel 2010 e sesto capitolo della collana denominata Shokyo Ontei
- neologismo che significa scrittura del suono - "Anro" (闇路) - parola
la cui etimologia è spiegata accuratamente nel booklet del cd e che brutalmente possiamo tradurre dal cinese antico in strada buia
- è una unica traccia satura di ritualità oscura e dannata, e le poche
parole di introduzione prese in prestito dalla Vulgata - la traduzione
della Bibbia in latino dall'antica versione ebraica e greca - del libro
di Sofonia, esprimono in modo esatto il concept di questo breve disco: un martirio sonoro. Nei 37 minuti di "Anro" le cupe e tese note di una viola dettano il ritmo e scandiscono questa oscura via crucis,
mentre i classici vocalizzi eterei di Sachiko - altra sua principale
caratteristica - si trasformano in frustate infernali e lamenti di
dolore.
Con "Anro" Sachiko da un senso sonoro alla sofferenza; un
significato che coincide esattamente con le poche parole scritte da
Edgar Allan Poe ed estratte dal racconto "Rivelazione mesmerica": "Il
piacere positivo è una astrazione, per essere felici in qualche misura
bisogna aver sofferto prima in pari misura. Non soffrire significherebbe
non essere mai stato felice".
A volte è così semplice entrare
all'interno di un disco e provare a sviscerarlo; potrebbero bastare
anche le due semplici parole cinesi del titolo: An e Ro.
"Anro" è un disco da prendere con le pinze, poiché gli angoscianti
suoni penetrando all'interno del subconscio possono far rivivere quelle
storie tristi, morte e sepolte da anni, che con tanta fatica si provava a
dimenticare.
Ho sperato
con gli occhi di questa morte
in lotta contro il mio gemello.
I muscoli tesi allo spasmo
nella bellezza assoluta,
incarno colui che sogna
il se stesso infinito.
Occupa questo tempo
rendilo attimo
ed unisciti ora a me
alla mia immagine sfuocata.
Di tutto ciò che è rimasto
siamo poche schegge sparse.
Ed il volto appena cereo,
pare assorto oltre il fondale
in un abito intenso e acceso
portato dagli aromi assale
nella penombra
di fiori putridi
il sangue calcinato
in polverose bianche rocce
allineate qui
accanto al mio cuore qui giace distruzione lenta e raggelata. In un remoto angolo
soffre dimenticato.
Accogli ora il corpo mio
afferralo e non lasciarlo
oltre la distruzione
fino al termine
alla fine di ogni universo
e nell'ultimo sospiro
comprometti e corrompi
spezza questo lungo sogno.
... sarebbe anche spenderci due paroline su chi si nasconde sotto questo ormai lontano progetto sonoro. Dietro Agonije c'è Angel G. Villani, artista torinese come colui che vi sta scrivendo. La breve scena di Agonije è durata lo spazio di pochi anni, a cavallo degli inizi anni Novanta. Collaborò anche con altri artisti di quel periodo, alcuni torinesi (DsorDNE, CCC CNC NCN, Motor Angel, La Deviation) e altri fuori dal territorio piemontese (Officine Schwartz) .
Lo splendido testo, nonchè meravigliosa canzone - sotto troverete il link per il download - fu pubblicata nel 1994 ed è presente nell'album "Testament". L'accompagnamento vocale è quello di Cristiana Bauducco: la metà femminile di quella meravigliosa band anni '80 e '90 quali i DsorDNE.
Ultimo lavoro - così sembrerebbe - di Villani è celato dal nome Black Raven con l'album "The Solitude Of Ravens" del 1997 ... poi più nulla, ma pare che sia occupato in altre attività artistiche spostandosi tra la gelida e grigia Torino e la solare Barcellona.
... se per caso siete interessati e non trovate nulla sul net, bussate, cercheremo di provvedere.
Loro sono/erano un trio proveniente dalla lontana Melbourne.
Scopriamoli attraverso questo fantastico brano tratto dall' album "Marry Me Tonight" del 2009.
Se avete almeno un pochino dei miei (guasti) ricettori sonori, la sua voce conturbante, ipnotica e malata, inchioderà il vostro lettore facendovela risentire più e più volte ...
... cominciamo da quest'album, che poi fu quello che mi fece scattare l'innmoramento per i suoni della dolce e divina Sachiko, della quale e se ci riusciamo - dato che da qualche mese è in giro un nuovo lavoro - cercheremo di scriverci ogni tanto due paroline, così come l'altra componente di questo nipponico duo tutto al femminile.
"Big In Japan"; così recitava una famosa canzone pop degli anni
ottanta. Parafrasando il titolo di quel brano, "Prithivi Mandragoire"
risulta essere un disco pensato, creato e prodotto tutto in Giappone.
Giapponesi, infatti, sono le artiste che compongono il duo delle Vava
Kitora, così come l'etichetta, la Deserted Factory. Sachiko (voce ed
electronics) e Yama Akago (voce, electronics, ocarina, bouzouki) sono i
nomi di queste due fanciulle; entrambe hanno alle spalle varie
pubblicazioni in solitario, ma ogni tanto si ritrovano per far uscire un
album a nome Vava Kitora.
Questo mini album, distribuito in sole duecento copie e seguito del promettente debut
del 2004 intitolato "The Labyrinth Of Angulimara", sonda, attraverso le
due uniche tracce, l'inconscio umano ponendolo in relazione al fatidico
momento di passaggio tra la vita e la morte.
"Breath Harmony" è
il brano iniziale: una voce appena sussurrata, accompagnamenti
strumentali flebili che conferiscono forti sensazioni di rilassatezza,
geometrie eteree e atmosfere da trance ipnotica; quel che si dice un
viaggio regressivo e meditativo nel proprio subconscio.
Nella traccia titolo ("Prithivi Mandragoire"), la voce assume forme più spettrali e i field recordings
si accentuano, mentre lievi sonorità industriali su una chiara matrice
dark ambient la fanno da padrone. Con il passare del tempo - la traccia
dura circa venti minuti - i suoni, glaciali e caotici, acquistano
energia tanto da riuscire a scuotere le pareti della stanza creando un
vortice che risucchia e spinge tutto ciò che trova all'interno del più
profondo e oscuro pozzo infernale.
Un album che si può definire
come il canto dannato dei fantasmi; senza alcun dubbio un disco passato
inosservato e per questo motivo da rivalutare.