19 dicembre 2014

... 2014, The Best

- Susanna & Jenny Hval - 

L'immagine delle due fanciulle norvegesi è rappresentativa, non sapevo chi mettere, rientrano comunque in lista e poi e è sempre un bel vedere. Comunque, sicuramente me ne sfuggono molti, però questi sono i primi dieci che mi son venuti in mente: sarà forse perchè i loro lavori son stati ascoltati più volte?????

1. DAVE PHILLIPS - Homo Animalis
2. HILDUR GUDNADOTTIR - Saman
3. DREKKA - Ekki Gera Fikniefnum
4. JENNY HVAL & SUSANNA - Meshes Of Voice
5. KEIKO HIGUCHI & CRIS X -Melt
6. NINA -No Observable Effect Concentration
7. JON MUELLER'S DEATH BLUES - Non-Fiction
8. CON_CETTA Vs MONOLOGUE - Orlando
9. CAMILLA SPARKSSS -For You The Wild
10. DEVIATED SISTER TV - Murder Electronics

... avrei però voluto tanto inserire il disco dei ORKA, però non ci è piaciuto ... et vabbè.


6 dicembre 2014

BRIGITTE ROUSSEL - Amber Hole [Double Hallucinative, 2014]

- Brigitte Roussel -

Davvero niente male il primo album ufficiale della graziosa artista polacca che vedete nell'immagine. Oltre a fare musica malaticcia è anche disegnatrice, e fra i tanti disegni che mi piacciono ne ho scelto uno... non credo sia una coincidenza.


L'album s'intitola "Amber Hole" ed esce in 30 copie cdr per la propria etichetta Double Hallucinative. E se per caso vi siete persi il disco dello scorso anno "Angel-like, Contraction Reverse" dei Nac/Hut Report, beh, dovete assolutamente rimediare. Intanto vi lascio quella specie di recensione che ho scritto per la webzine The New Noise.

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Nei primi mesi del 2013 usciva Angel-like, Contraction Reverse del duo Nac/Hut Report. L’album passò inosservato, per poi rivelarsi una delle migliori uscite di quel periodo, tanto che per chi non si è ancora lacerato i timpani è d’obbligo un ripescaggio. La metà femminile di Nac/Hut Report è Brigitte Roussel, giovane musicista e disegnatrice polacca che svolge le proprie attività principalmente nel nostro Paese.

Rispetto all’illustre precedente, che alternava vari strati di cromature elettrolitiche (leggasi Chrome), psichedelia malsana (Psychic TV) e distorsioni industrial alla Cabaret Voltaire prima maniera, Amber Hole è meno suonato, ma più felino. Compongono questo primo lavoro sulla lunga distanza un prologo inquietante, un epilogo scandito da instabili frequenze emesse da un apparecchio per elettro-erosione, sei capitoli intermedi di virulento hallucinoise. Graffiante e oscuro al tempo stesso, “Tear Box” non è un cassetto delle lacrime, bensì un recipiente dove contenere i fiumi di sangue che sgorgano dalle profonde ferite inflitte dagli artigli della gatta nera Brigitte. Tracce horror vampiresche (“Hidden Room”), cristalleria in frantumi (“Rain”), micro esplosioni chimiche (“mai dare da bere a un acido forte”), saette ultrasonore di proiettili d’argento (“Dance Of Butterfly”) e corto-circuiti neuronali (“Churchyard”) sono il valore aggiunto di quest’ottimo lavoro, accompagnato dal solito artwork ultramalato, frutto della mente contorta dell’artista, che lo pubblica sulla sua etichetta Double Hallucinative in 30 copie (cd-r).

Il look è simile, l’aspetto fisico/visivo e il lato artistico non sono da meno, dunque azzardo (tanto non legge nessuno): Brigitte Roussel è la versione più evoluta e ruvida di Nic Endo.

Buon ascolto!

30 novembre 2014

BROADCAST - Berberian Sound Studio [Warp, 2013]

- Broadcast -

... se vi piacciono le cose antiche anni 70, gli organetti che inquietano, quella sensazione di terrore che sta per arrivare, quelle cose un po' Goblin e un po' giallo Dario Argento, beh, allora questa soundtrack (potrebbe) fare al caso vostro.


OST scritta dal gruppo britannico dei Broadcast nel 2011 per la pellicola di Peter Strickland dal titolo Berberian Sound Studio. Film che non ho ancora visto, ma ne ho sentito parlar bene. Ricordiamo anche che le musiche furono terminate nonostante la scomparsa per polmonite della cantante e songwriter Trish Keenan nel 2011.
Vi lascio un link (non mio) dove poter scaricare l'album ... e buon ascolto inquieto!

11 novembre 2014

SCOUT PARÈ-PHILLIPS - Your Light [Dais, 2014]

 - Scout Paré-Phillips -

Fra le tante newsletters che arrivano nella mia casella di posta (non è vero, praticamente non mi scrive nessuno) c'è quella della Dais. Tutto quel nero, ma soprattutto affascinato dal look assai dark di questa fanciulla newyorkese, clicco sul video e toh! ... fulminato!


Ha alle spalle un piccolo vinile 7", titolo "Fields Of Ash", etichetta Pesanta Urfolk (2013), mentre il nuovo, se non ho capito male, dovrebbe uscire per marzo 2015.

Vabbè, non la conoscevo, ora ne sono innamorato. Grazie Dais Records ... et buona visione/ascolto.

21 settembre 2014

SVART1 - Su Mantu Nieddu Portade [Autoprodotto, 2014]


Svart1 è Raimondo Gaviano e tira avanti dal 2008. 
Non è la solita dark-ambient. 
Album notevolissimo, fatelo girare.
Vi lascio le sue poche parole che rendono meglio l'idea del concetto sonoro:

“Su Mantu Nieddu Portade” rappresenta il percorso musicale lungo 4 anni (dal 2007 al 2010) il cui comune denominatore risulta essere la nostalgia ed il ricordo della Sardegna abbandonata per insegnare prima in Lituania poi in Ucraina, Germania e Ungheria.
Un viaggio musicale in cui field recordings (estrapolati dal testo"Tracce di Sacro" della Condaghes edizioni 2003 a cura di Emanuele Garau) ed ambientazioni sonore della Sardegna si miscelano con una concretezza di genere ambient tipica dell'universo sonoro di Svart1.
Un viaggio misterioso e talvolta cupo ma senza cadere in inutili e vanesie mitologie arcaiche sarde per ribadire la semplice potenza del non volere dimenticare le proprie origini.

Buon ascolto!

14 settembre 2014

AMANDA FEERY - Spells From The Ice Age [Fort Evil Fruit, 2014]

- Amanda Feery -

Questo blog sta prendendo sempre più una piega al femminile ... vabbè, comunque sia, questa domenica mattina torinese - leggermente velata nel cielo - ci va di ascoltare un pochino di pianoforte. Lei si chiama Amanda Feery ed è irlandese. E' una compositrice di musica moderna ed elettroacustica, facendo particolare attenzione verso l'uso del piano e della voce (non in questo caso), orientandosi verso sonorità folk, ma non in questa cassetta, dove invece è predominante la quiete o rilassatezza (e ti pareva) e l'intimità.


... e questa è la cover della sua prima uscita dal titolo "Spells From The Ice Age", pubblicata dalla piccola etichetta (sempre irlandese) Fort Evil Fruit. 
Diciamo che è una altra modalità di suonare il pianoforte, e per restare nel blog cito Mujika Easel, ma d'altronde Irlanda e Giappone sono già lontane nel mappamondo, figuriamoci in quante altre cose sono distanti.
Dunque, lasciamoci incantare da questi suoni dell'era glaciale, da non intendere però come trasmissione di emozioni di gelo, ma bensì come unico blocco di ghiaccio, difficile da scalfire o da raggiungerne il cuore.
Noi segnaliamo, poi come al solito siete voi che decidete se darci un ascolto ...

8 settembre 2014

CAMILLA SPARKSSS - For You The Wild [On The Camper, 2014]

- Camilla Sparksss & Gatto - 

Et vabbè ... non pensavo che la recensione per The New Noise venisse pubblicata così velocemente. Dunque, come dicevo da altre parti, se non passi da Torino per un live non ti faccio più "amica" (scherzo eh).
Siamo a settembre ... è ora di valutare le migliori dieci uscite, e secondo me "For You The Wild" ha serie possibilità di entrare in lista.

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Da anni bassista e vocalist nei Peter Kernel, la canadese trapiantata a Lugano Barbara Lehnhoff debutta in solitario – nonostante dietro questo progetto si nasconda Aris Bassetti, l’altra metà della band svizzera – con lo pseudonimo di Camilla Sparksss.
For You The Wild è il suo primo lavoro sulla lunga distanza e racchiude molti dei precedenti singoli vinilici dell’ultimo anno solare. La sua immagine sempre stralunata, l’attitudine punk e una sana nostalgia electro-pop anni Ottanta la accompagnano e fanno da sfondo a queste dieci brevi tracce. Le atmosfere fumose, le luci stroboscopiche, certe sfumature estive e goliardiche (leggasi Subject, Alain Neffe), i ritmi incalzanti e danzerecci stile Kas Product, i rumori elettrici e distorti (“Europe” e “For You The Wild”) e l’aggressione lisergica di “You Are Awesome” servono invece da catalizzatore per addensare questo marcio intruglio chimico/sintetico. Ah, quasi dimenticavo, in alcuni passaggi sembra di ascoltare vecchie produzioni targate Vita Noctis. Questo significa semplicemente che c’è anche uno scheletro malinconico, rinforzato e sorretto da sonorità lugubri, gelo e brividi di paura (“Precious People” e “White Cat”). Per farla breve: una malata rivisitazione 3.0 della storica scena coldwave francese (o un omaggio, se vogliamo), con qualche piccola variante cyber-noise e post-punk.
Queste tipologie di suoni/rumori, generate dalla mente di fanciulle isteriche e strambe, piacciono un casino. Speriamo ci sia un seguito, ma soprattutto di vederla dal vivo (Avgvsta Tavrinorvm non sarebbe male), coreografie e ballerine incluse. Per gli amanti della tape culture: sappiate che gira anche una versione limitata nel vostro formato preferito.

Videoclip isterico ... dai, fate come me. Fate roteare la testa e nel frattempo urlate facendo lo spelling del suo nome: C.A.M.I.L.L.A  S.P.A.R.K.S.S.S.

7 settembre 2014

ANNA GARDECK - Bondage Women [White Ashes, 2014]


Eh, io avrei voluto mettere una sua foto, ma in rete non si trova nulla. ... dai, facciamo finta che dietro quella maschera c'è la misteriosa Anna Gardeck. Che vi devo dire, ognuno ha i propri album del cuore, e "Bondage Women" è per me uno di quelli.
Vabbè, ecco la pseudorecensione rilasciata per la webzine The New Noise ...

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Anno 2000, quello del millennium bug, che poi finì per essere un colossale flop mediatico. È però anche l’anno in cui una misteriosa Anna Gardeck pubblica Bondage Women, un disco con le stigmate, destinato a rimanere nell’hall of fame del genere industrial-noise. L’artista austriaca (?) è però avvolta da un alone di mistero, non solo perché è difficile trovare sue notizie in giro (qualcuno potrebbe perfino pensare che non esista), ma perché questo è l’unico lavoro finora realizzato. Sì, lo so, è possibile trovare il suo nome – assieme a quello di Sven Bussler (ovverosia mister Wappenbund) – fra i credits dei due capitoli Wiener Aktivisten, ma Anna Gardeck sarà sempre ricordata per questo disco, già alla quarta ristampa (per White Ashes, la prima e ultima label ad averlo pubblicato, anch’essa vicina a Bussler): veste grafica quasi simile alla precedente, nessuna traccia bonus ma identico voyeurismo sonoro, fatto d’attillati corsetti viola, ambigue maschere, lacci neri plastificati, asfissianti bavagli e – ovviamente – tanto latex, o forse sarebbe meglio dire animallattice, come il titolo dell’ipnotico brano industrial del 1987.

Apre “Rubber Rituals I”, una sorta di malizioso preambolo erotico. Anticipa l’atto sessuale con scariche temporalesche e opprimenti basi dark-ambient, che intrecciandosi con sonorità marziali e sanguinolenti colpi di frustini d’acciaio, ne accentuano i toni tenebrosi, assumendo così sfumature (quasi) sadomaso. Intanto, una robot scandaglia step by step la perversa pratica amorosa, eseguita all’interno di una gabbia di platino elettrificata e rivestita di chiodi arrugginiti (“Gestörte Zweisamkeit”). L’atmosfera classicheggiante di “Verachtung” (che significa disprezzo) non basta ad attenuare la costrizione fisica, provocata dalle continue fustigazioni, dalle legature sempre più strette e dalle immagini e dai rumori di martelli che percuotono pesanti incudini in ghisa. “Rubber Rituals III” chiude ad hoc il cerimoniale: in poche parole, come suonerebbe oggi un’ouverture di musica classica se Mozart, Bach, Beethoven e Wagner si trovassero assieme per un’improvvisata sessione industrial austro-prussiana.
Quindici anni e – si diceva – ben quattro edizioni. È evidente che ha una discreta richiesta, altrimenti non si spiega il perché le prime release siano (quasi) introvabili. È uno di quei dischi da aggiungere nel proprio catalogo delle malattie, dunque da acquistare. Per quel che mi riguarda, è anche stata la ghiotta occasione per spostare finalmente il cd di Renato Zero, posto accanto al “Now Wait For Last Year” della compianta Caroline K.

6 settembre 2014

CLARA ENGEL - Ashes & Tangerines [Arachnidiscs, 2014]

- Clara Engel -

... ma quanto ci piace questa candaese dal volto androgino. 
Oggi ci chiedevamo se ci fosse qualcosa di nuovo, ed ecco spuntare questo "Ashes & Tangerines". E Noi lo sapevamo che qualcosa doveva sfuggire, accidenti alla (mia) pigrizia e alle troppe uscite discografiche.


Purtroppo, siccome arrivo in ritardo, la cassettina è esaurita. Pazienza, aspetteremo di trovarla in giro. Comunque una confezione del genere deve assolutamente finire nella mia dimora torinese, sempre più oscura e tenebrosa ... ma solo perchè non amo molto la luce, sia solare chee artificiale, sono ammesse solo quelle delle candele.
Oh! niente rituali voodoo o cose del genere neh, precisiamo!


Dateci un ascolto ... noi intanto vi lasciamo la recensione di "Secret Beasts": album (tape) - anche qui stupendo artwork curato dalla defunta Tapemancy - che rese meno inquieto l'anno 2011 ... o almeno per il periodo in cui l'ascoltai.


Un doveroso ringraziamento a Mara e al suo blog Omote che mi ha permesso di conoscere questa stupenda artista.
Recensione by HgM per OndaRock: spero sia una gradita lettura.

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Tanta passione, malinconia, tristezza e calore chiuse all'interno di un piccolo ed esile corpo di donna: è un bel mistero! Lei si chiama Clara Engel, ed è canadese di Montréal; la stessa città di Elizabeth Anka Vajagic, ma questa forse è solo una coincidenza.
La sua voce scalda gli animi; trafigge il cuore come la freccia di Cupido, il tutto in bassa fedeltà e in modo semplice. È musica che attrae, difficile sottrarsi al suo caloroso canto e alle passionali note di piano e chitarra. Una voce che si fa notare sicuramente, tanto è vero che Aidan Baker l'ha voluta per una parte vocale all'interno di un suo recente lavoro intitolato "Liminoid/Lifeforms".

Un percorso musicale cominciato nel 2004, fatto di autoproduzioni e svariati Ep. Finalmente il 2011 sembra essere l'anno giusto per uscire da questo quasi forzato anonimato. Escono, infatti, le prime pubblicazioni con un'etichetta di supporto: per la Vox Humana l'Ep intitolato "Madagascar" e per la bolognese Tapemancy il full length "Secret Beasts".
"Secret Beasts" in realtà nasce nel 2009; è la Tapemancy ad accorgersi di questo piccolo gioiello, tanto da pubblicarlo in una gustosa cassetta in edizione limitata, solo trenta copie: davvero poche. Vale la pena lo stesso spendere due parole sull'artwork di questa release, poiché come si dice: anche l'occhio vuole la sua parte. Questa cassetta, infatti, è chiusa all'interno di un sacchetto di stoffa di vari colori, assieme a due spillette, una bustina di quello che all'apparenza sembra essere caffé e un foglio in cartoncino sul quale è presente un'accurata descrizione della caffeomanzia, in altre parole il metodo divinatorio effettuato tramite la lettura dei fondi di caffè; questo perché la Tapemancy associa a ognuna delle sue pubblicazioni un'arte divinatoria.

Di base "Secret Beasts" è un disco folk con forti sfumature noir ("Break In The Sun", "To Be Without"). Provando a fare delle associazioni con artisti ben più noti, si possono certamente trovare note rockeggianti à la PJ Harvey ("Ghost Opera"), oppure, e sempre nel medesimo brano, diabolici vocalizzi quasi alla Diamanda Galas. In altre canzoni, invece, il timbro vocale assume tonalità profonde similari alla sua concittadina Vajagic ("Angelus Bells"), ma tutto ciò non toglie il fatto che la particolare voce di Clara Engel rimane una performance unica. Tutto il disco ad ogni modo è un alternarsi di stupendi arrangiamenti di piano, violoncello, fiati, percussioni e malinconiche chitarre. Se la tristezza e la malinconia, a volte anche abusata, è la caratteristica principale ("The Beauty Of Your Design", "Blind Me"), "Secret Beasts" si caratterizza soprattutto per le affascinanti murder ballad ("Madagascar", "Chorus Of Murderous Bell"), nelle quali il dispiacere e l'infelicità di amori persi lascia il campo a interne e sanguinose sofferenze di percorsi di vite spezzate.

Nella sua semplicità, "Secret Beasts" può anche non piacere; ma se per qualche motivo avete anche un minimo dubbio, potete sempre farvi un buon caffé e poi analizzare il fondo della tazzina.

3 settembre 2014

YES BLYTHE - Initiate Screen Prevails [Sacred Tapes, 2014]

- Initiate Screen Prevails -

... davvero una gradita sorpresa. Vi lascio la recensione che ho scritto per la webzine The New Noise, sperando che sia accettabile e priva di scemenze.

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Dopo che era uscito sul finire dello scorso anno in cassetta per la Tesla Tapes in 50 copie, l’inglese Callum Higgins (Yes Blythe, River Slaughter e altri progetti) decide di ripubblicare il suo breve ep Initiate Screen Prevails in vinile, tramite la propria etichetta Sacred Tapes.

Ci troviamo di fronte a due tracce distinte, ma entrambe – come suggerisce l’enigmatica cover – seguono lo stesso percorso, convergendo verso un noise abrasivo (i due tondini di ferro), con l’intenzione di incidere prima il cranio (l’ascia) e poi scorticare il cervello. Più abbordabile il primo brano (“Travels Nerves To Freedom”), nonostante l’inizio, che, pur giocando su vorticosi corsi d’acqua e su tappeto sonoro che ricorda tizzoni incandescenti, finisce per addolcirsi con malinconiche melodie di pianoforte e flebili sospiri. In alcuni passaggi si ha perfino la sensazione di trovarsi nuovamente seduti su quel vecchio vagone del “Tren Fantasma” guidato da Chris Watson (Halfer Trio, Cabaret Voltaire). “At Labyrinth Borne-Sun”, invece, ha ritmiche lineari, ma ricorda comunque un labirinto: sembra di percorrere un sentiero tortuoso, di notte e all’interno di un bosco di montagna, schivando ostacoli derivati da pietruzze minuscole e taglienti, sterpaglie in fiamme e trappole di gnomi assassini. Assolutamente strepitoso il finale in crescendo, sia come intensità di rumore sia come frequenza, dove martellamenti neuronali e una sorta di psichedelia retrò si mischiano alle iridescenti allucinazioni scaturite dall’assunzione di qualche funghetto radioattivo e da un rituale mistico-pagano.

I suoni ambientali sono ben assemblati, d’ottima fattura e portati a quell’estremo di decibel che non risulta fastidioso. Volendo, tanto c’è spazio, si colloca fra i suoni temporaleschi e meteorologici del maestro Chris Watson, e i fulminati Gnod coi loro psicotropi thunderbolt loop. Yes Blythe è stata una gradita sorpresa. Mi raccomando: memorizzate per bene nome e titolo.

23 agosto 2014

THE TRANSMUTATIONS - The Skeleton's Keys [Tapemancy, 2013]


Qui non andiamo molto in sintonia con il neofolk, però questo lavoro dello scorso anno ci ha preso parecchio, tanto che l'abbiamo votato tra le migliori cose che abbiamo ascoltato. Da sottolineare - come sempre - lo splendido artwork curato dalla piccola etichetta italiana Tapemancy ... che però, ahimè, non esite più.
Vi lascio l'orrenda recensione che scrissi per OndaRock ... spero sia una buona lettura. 

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Altro meraviglioso feticcio di nastro magnetico di quei feticisti che risiedono in casa Tapemancy. Ogni loro uscita è strettamente associata a un’arte divinatoria. Dopo la caffeomanzia di Clara Engel, questa volta tocca all’alomanzia – l’arte basata sull’interpretazione dei cristalli di sale – di “The Skeleton’s Keys” di Chris Renison aka The Transmutations: solitario e misterioso artista di provenienza britannica.
Alcuni brani di questo tape si possono trovare nell’album dello scorso anno intitolato “The Hundred Years”: uscito prima come cd-r per l’inglese Reverb Worship (vedi Magdalena Solis) e dopo in audio cassetta da una neonata etichetta parigina.
Chris Renison emette frequenze che stabilizzano le particelle negative del cervello, e d’altronde non si sarebbe nascosto dietro questo pseudonimo. Sonorità ipnotiche e magnetiche, malinconiche e calde: sembra di stare da soli al crepuscolo all’interno del grosso salone per banchetti di un castello medievale in rovina da secoli.
Si alza il ponte levatoio, i portoni si spalancano, ed ecco che cominciano a risuonare, fra le gelide pareti in roccia bianca di Dover, i lenti e affascinanti ritmi drone-folk di “The Transmutations”.
Forti reminescenze di folk tradizionale britannico, sparute tracce di acid-folk, ma soprattutto tanto neo-folk currentiano accompagnano questo disco dal triste scheletro.
Funeree murder ballad sono l’ossatura per la strepitosa “The Bramble Briar”, in “Long Lankin” il timbro vocale somiglia maledettamente a quello di David Tibet. Immaginiamo un moderno menestrello (“The Three Butchers”) che, con la propria fisarmonica dai toni sempre mesti e cupi (“Cruel Mother”), racconta storie tragiche; talvolta al limite dello spoken (“Hanged I Shall Be”) e in altre occasioni solo in modalità strumentale (“Jack Ketch And The Solents”), assumendo anche caratteristiche da macabra marcia in omaggio ai caduti della guerra dei cent’anni tra francesi e inglesi (“Confession Of An English Dancing Master”).
The Transmutations sarà in tour in tutti i diroccati castelli medievali europei: da non perdere.



Buon ascolto!

16 agosto 2014

DEUTERROR - Le Gueule De Guerre [Steelwork, 2007]


Purtroppo (pare) non esita più. Progetto nato e sparito più o meno nello stesso istante. "Le Gueule De Guerre" (2007) è un disco che ai tempi mi piacque molto. Le coordinate sonore son sempre quelle: dark-ambient e martial-industrial. 
Dietro il nome Deuterror si nasconde Nicolas Crombez: un personaggio proveniente dal Belgio e che se non ricordo male faceva anche il disegnatore o grafico pubblicitario (non vorrei sbagliare ma la copertina sia opera sua).

Vabbè ... vi lasciamo un vecchissimo link.


Buon ascolto!

28 luglio 2014

SUTT - Elementer [Sincope, 2014]

- Sutt -

Isterico impro-noise dal Nord Europa. "Elementer": prima uscita ufficale per i Sutt, in cassetta e per la Sincope.
Qui, all'unanimità (compresa la micia) abbiamo votato "Jord" canzone/traccia dell'anno. Vi lasciamo quella specie di recensione che abbiamo scritto per OndaRock.
Buona lettura ... et buon ascolto!
Attenzione alle orecchie e assolutamente play loud!

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Una batteria, svariati effetti elettronici e una voce che alterna delicatezza ad intense e ripetute crisi epilettiche: sono i pochi attrezzi del mestiere che servono alla danese di Odense Sofie Trolde Christiansen e al turco-norvegese Utku Tavil, ovvero i Sutt: un duo formatosi a Berlino nel 2012, con alle spalle già numerosi tour italiani, giapponesi e ovviamente scandinavi.

“Elementer” - audiocassetta limitata a 70 copie – esce per la Sincope: la piccola etichetta italiana creata dal truculento Massimo Onza, che nel giro del rumore italiano che conta si può trovare all’interno dei Compoundead.
Fate voi, nessuno vi obbliga all’ascolto, ma se avete almeno un ospite mentale e determinate inclinazioni musicali, quelle che virano verso un noise aggressivo e isterico, allora questi trenta minuti d’improvvisazioni, spasmi muscolari e scariche nervose fanno proprio al caso vostro.
I Sutt – scherzando - si autodefiniscono una band pop, ma noi non ci crediamo, anche perché di buona e sana malattia ce n’è tanta. Un po’ meno sintetici ma stessa attitudine all’estremismo vocale dei Tearist, e qualche similitudine sperimentalista della nostra Madame P. alias Patrizia Oliva (“Jord”). Dal grazioso visino nordico di Sofie esce una forma di canto stonato e malato al punto giusto, ma qui essere intonati non serve granché, altrimenti farebbe lirica e si chiamerebbe Maria di nome e Callas di cognome. Sta di fatto che quel suo mostrarsi fascinosa e mantrica quanto la signorina Alos (OvO), si sposa a perfezione con il fare tenebroso e adrenalinico di Utku, con effetti disturbanti e lisergici simili a quelli degli Angels In America. Per farla breve, “Elementer” è schizofrenia, caos e tanta violenza acustica.

L’anno scorso passarono per un live dalle parti di Torino. Il nastro è stato registrato in un imprecisato luogo delle Alpi occidentali italiane, a quota 1700 metri e con gufi, insetti e lupi come uniche forme viventi ad assistere alla performance. Dal vivo hanno un impatto devastante, e nell’attesa che ripassino per la sabauda città, ci accontentiamo di questa prima uscita ufficiale.

20 luglio 2014

PHURPA - Mantras Of Bon [Zoharum, 2014]

- Phurpa -

Et vabbè, noi segnaliamo come al solito, poi fate voi ...

Per la polacca Zoharum è da qualche settimana in commercio il nuovo disco dei Phurpa: quello strano e malatissimo collettivo russo che sostanzialmente fa drone-vocal utilizzando strumenti non usuali e ispirandosi alla musica rituale del Bon secondo l'antica tradizione buddista del lontano Tibet.


Allora, qui piacciono, però vi assicuriamo che ascoltare un intero disco di questi spostati è cosa ardua ... ed infatti, meno male, ci son venuti incontro attraverso il featuring della cantante/artista Alissa Nicolai, utilizzata soltanto (pare) per i live.

- Alissa Nicolai -

Ecco, secondo me è proprio quello che mancava ... una voce vera. Ora sì che siamo a posto!
Ascoltiamoli.


13 luglio 2014

ALEKSANDRA WALISZEWSKA

- Aleksandra Waliszewska -

Beh, non è colpa mia se trovo che siano perlopiù le fanciulle - peraltro quasi tutte anche molto carine - a placare la mia inquietudine. Come sono arrivato a conoscere questa artista polacca che di nome fa appunto Aleksandra Waliszewska? Semplicissimo, attraverso un'altra artista, ovverosia la francesina Alice Dourlen aka Chicaloyoh, per la quale la nostra Aleksandra ha rilasciato alcune sue illustrazioni per relative copertine: Les Fantômes Sortent Des Racines (2011), Quand Les Tables Se Mettent À Tournoyer (2011) e Triyuga/Tiflis (2013). Per questo motivo preferisco di gran lunga avere l'oggetto fisico (se audiocassetta è meglio) per scrivere recensioni, perchè spesso e volentieri ci sono delle notizie/nomi che possono interessare.


Aleksandra Waliszewska è nata a Varsavia nel 1976 e di mestiere disegna, e a Noi quei suoi disegni e quel suo particolarissmo stile piacciono molto: tra lo splatter e il minimale, ma io di arte non ci capisco granchè, quindi prendetelo come buttato lì.


Vi lascio il link del suo sito, così potete apprezzare anche voi ... e pare che anche il signor David Tibet (Current 93) apprezzi molto.


... e vi lasciamo anche un breve e fantastico video che riguarda una delle sue pubblicazioni su carta dal titolo "Problem/Solution" e che racchiude in circa 200 pagine molte delle sue illustrazioni.
Buona visione ... ma anche buon ascolto, visto che i suoni in sottofondo sono molto interessanti.

29 giugno 2014

DAVE PHILLIPS - Homo Animalis [Schimpfluch Associates, 2014]


... al momento il miglior disco che abbiamo ascoltato. Vi lascio quella specie di recensione che ho scritto per la webzine The New Noise, spero vi piaccia.
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Che strano personaggio Dave Phillips. Di madre francese e padre inglese, ma nato e residente a Zurigo, in Svizzera. Tira avanti il carretto da circa 25 anni. Dagli esordi grindcore coi Fear Of God e quelli death-thrash metal dei Messiah, divagando attraverso qualche ottimo lavoro di field-recordings, come l’esotiche registrazioni indonesiane (“Suara Alam Indonesia”) e quelle degli insetti (“Insect”) che riportano immediatamente al lavoro di Graeme Revell – leader degli australiani SPK - “Insect Musicians” (1986), deve comunque la sua notorietà soprattutto alle urticanti sonorità noise dalle tinte oscure e post-industrial. Sono appunto questi estremismi, non soltanto sonori, che lo porteranno – intorno ai primi anni Novanta - a formare poi il collettivo Schimpfluch-Gruppe: una sorta di moderna rivisitazione o tributo ad Hermann Nitsch e il suo Wiener Aktionismus, comprendente noise-performer di tutto rispetto come, in alcuni casi Marc Zeier (G*Park), ma soprattutto Rudolf Eb.er (Runzelstirn & Gurgelstock), Joke Lanz (Sudden Infant) e Daniel Löwenbrück, titolare peraltro della etichetta berlinese Tochnit Aleph.

Giunge quindi il doppio cd “Homo Animalis”, e prima uscita della neonata Schimpfluch Associates. Supportato dallo straordinario lavoro al mastering di Riccardo Mazza dei Lettera 22, questo disco è composto da dieci tracce, realizzate – tranne due nel 2007 – nel periodo fra il 2009 e il 2011, tutte rielaborate e rivisitate, ottenendo quasi 160 minuti di frastuoni perversi e violenze acustiche. Non lasciamoci ingannare dal titolo, nessun rimando della razza umana a clave, caverne o cose simili, ma bensì,  come sottolinea lo stesso artista, il concept (Humanimal) è da considerarsi come una sorta di uomo primordiale e puro, libero da ogni legame materiale e religioso, orientato verso pensieri e concezioni spirituali, sociali e ambientali. Concetti, idee e teorie Humanimal ben spiegate all’interno del booklet attraverso brevissime frasi scritte e pensate dallo stesso autore.
Forse sarebbe meglio - come, dove e quando fate voi  - concentrarsi sul tema affrontato dall’album, anche perché le composizioni, nonostante il minutaggio, filano lisce come se niente fosse accaduto, e questo significa che sono ben costruite. Per queste tipologie di suoni, avere tanta immaginazione è una cosa fondamentale, per cui ogni ascoltatore, avendone per fortuna una propria, può captare e percepire sensazioni ed emozioni distinte.
Chi vi scrive non ne ha molta, o meglio, diciamo che l’ha consumata (quasi) tutta. Si va dai cavernosi rituali che culminano coi festeggiamenti attorno ad un fuoco (“The Less I Know”), alle corrosive scarnificazioni e purificazioni dovute a lavaggi intestinali e dell’animo con acido ossalico (“Rape Culture”), fino ad arrivare ai furiosi urlacci e alle esplosioni termonucleari di “Humanimal B”, e a guerre batteriologiche, le distruzioni di massa, il quarto conflitto mondiale combattuto a suon di decibel batterio-radioattivi (“Humanimal A”). Tutto ciò nel primo cd, mentre nel secondo si parte subito con “Novaturient”, intrecciando sfumature e posture di morte zerokamiane (Zero Kama) con il magnetismo post-industrial dei Das Synthetische Mischgewebe: come essere attraversati da un treno ad alta velocità, privo di massa ma saturo di una potente carica elettromagnetica. Le reminescenze dark-ambient da oltretomba di “Exipotic” fanno da contraltare agli angoscianti e profondi lamenti di “So… What?”. Chiude, infine, lo splendido assemblaggio noise derivato dagli effetti sonori di “Kelelawar”, amplificati all’ennesima potenza, rendendoli assai taglienti, per certi versi satanici, da girone infernale o meglio vampireschi. Mica per caso, per la cronaca, Kelelawar - in lingua indonesiana - è appunto il nome di quel grazioso animaletto volatile che qui chiamiamo pipistrello.

Nei giorni scorsi, per problemi vari, ho dovuto assumere antibiotici, antidolorifici e antidepressivi, quest’ultimi non è vero, scherzo, finora mai presi. Fatta la premessa, l’ascolto di “Homo Animalis” è stato più funzionale di tutti gli analgesici che ho testato, ma soprattutto è servito per uscire da una delle mie solite crisi di inquietudine mentale. L’inquieto che quieta, da queste parti, funziona sempre. Io personalmente il disco l’ho comprato, fatelo anche voi, anche se siete soggetti privi di qualsiasi turbamento.

28 marzo 2014

ALAHUTA - A Hack In The Woods [Shelter Press, 2014]

- Alahuta - 

Questa timidissima fanciulla - almeno questa fu la sensazione che ebbi quando la vidi, assieme all'amica Chicaloyoh, nel tour italiano estivo dello scorso anno presso il Bunker di Torino - si chiama Aurélie Vivier aka Alahuta ed è francese.


"A Hack In The Woods" - audiocassetta limitata rilasciata nientemeno che dalla Shelter Press, ex Kaugummi - è lo strepitoso seguito di "First Connection": un cdr artigianale autoprodotto che acquistai direttamente dalla fonte con annesso fogliettino che annunciava il tour e saluti vari, e che conservo ovviamente gelosamente.


Quello che spicca in Alahuta, subito al primo ascolto, è la meravigliosa voce, calda e malinconica ... o forse è meglio dire carica di sofferenza?
Ascoltando la cassetta ho davvero riavuto la sensazione di rivivere il live di giugno 2013, e questo vuol solo dire che è il tutto è ben registrato e che Aurélie non ha bisogno di correzioni in studio di registrazione.
L'atmosfera noir che questo particolare timbro vocale conferisce al tape - agevolato dai suoni degli organetti sempre oscuri, infiniti, profondi, avvolgenti e ... dronici ("Chanche") - è quello di una smisurata tristezza - che non è mai una cattiva cosa, anzi -  e visioni oniriche che portano alla fuoriscita di qualche gocciolina calda dagli occhi, altresì dette lacrime 
("The Poison").
Che dire ... speriamo di rivederla in tour da queste parti, mentre fonti Shelter Press ci dicono che Alahuta e Chicaloyoh stanno lavorando assieme per delle cosine, però non è dato sicuro se verranno mai pubblicate ... beh, io ci spero; nel frattempo potete dar voce ai suoni delle foreste.

22 marzo 2014

ARTISTI VARI - The Dark Ages [Arborlon, 1997]


Nomi come Contrastate, Bleeding Like Mine, The Protagonist, Orchis, Tomografia Assiale Computerizzata, Impressions Of Winter, Kirlian Camera e molti altri che non vi scrivo per pigrizia, dovrebbero essere una (quasi) garanzia ... non credete?
Fantastica compilation e un meraviglioso artwork, davvero, non scherzo, questi sono proprio gli oggetti che mi fa piacere tenere in casa. 
Buon ascolto!



- Israfel by Edgar Allan Poe -

Yes, Heaven is thine,
but this Is a world of sweets 
and sours,
Our flowers are merely,
flowers, 
And the shadow of thy 
perfect bliss,
Is the sunshine of ours,
If I could dwell 
where Israfel hath dwelt, 
and he where I, 
He might not sing 
so wildly well 
A mortal melody, 
while a bolder note than this,
might swell,
From my lyre within the sky.

10 marzo 2014

SHE OWL - She Owl [PPZK, BrokenToys, 2013]

- She Owl - 

Chiudiamo - forse si, forse no, perchè ho seria intenzione di postare qualcosina di mio - il trittico torinese con la giovanissima polistrumentista e molto brava Jolanda Moletta aka She Owl.


Non mi va di aggiungere null'altro se non dirvi che io ne sono rimasto affascinato. Ascoltate il suo omonimo e primo full-lenght e poi vedrete che roba.
Buon ascolto!

9 marzo 2014

SHABDA - Tummo [Argonauta Records, 2014]

- Shabda -

E' passato appena un solo anno da "The Electric Bodhisattva". I torinesi Shabda son tornati con un nuovo e strepitoso capitolo intitolato "Tummo".


Misticismo e meditazione si accompagnano con violente, raschianti e massicce dosi di chitarre ("Kamakhya"): incantevole e affascinante il sitar in questa canzone. I primi minuti drone-vocal di "619-626-Kz" mi han fatto tornare in mente qualcosina di tantrico, sciamanico e buddhista del colletivo russo dei Phurpa.
Dico una fesseria se "Tummo" - rispetto al precedente - l'ho trovato più ... come dire, abissale e oscuro, e sensazioni di nascosto e di sprofondamento, e questo nonostante la componente decisamente ambient di "Aurora Consurgens"? Vabbene, non importa, da queste parti il profondo e il tetro son comunque cose assai gradite.
Siccome il cd l'ho comprato, ecco, l'unica cosa che mi ha relativamente intristito (un pochino neh) è stato la scarno booklet, anzi, direi che proprio non esite: peccato.

Buon ascolto!

8 marzo 2014

DISMAL - Miele Dal Salice [DreamCell 11, 2006]

- Dismal - 

L'intenzione è quella di inserire due o tre post relativi a band o artisti della mia città, ovvero Torino, e magari finendo a qualcosina di mia produzione, ma questa opzione è ancora tutta da valutare poichè ci vergognamo molto ma soprattutto è robaccia davvero inascoltabile ... boh, vedremo.
Intanto ascoltiamoci i Dismal. Band torinese a tutti gli effetti e che sul finire dello scorso anno, dopo una attesa durata quasi otto anni, sono ritornati con questa favola dal titolo "Giostra di vapore".

- Dismal -


"Giostra di vapore" non è affatto male. Le tracce eteree però non riesco a trovarle, anzi, trovo che sia, più suonato, marcatamente orchestrale e tremendamente noir ("The Four Vibrations" e "Eden"); cosine che comunque non sono da buttar via neh.



Noi però vogliamo parlarvi del precedente album "Miele dal salice". Un disco che fu consumato a causa dei ripetuti ascolti, tanto che scrissi pure poche righe - ovviamente in malomodo - nel 2006 per un sito di musica goth-dark e che vediamo di riproporvi corretto e revisionato.


Il percorso dei Dismal, band torinese già attiva nella seconda metà degli anni Novanta, passa da album come "Fiaba lacrimevole" (1998) e "Rubino liquido", fino ad arrivare a "Miele dal salice". Curatori di questo piccolo gioiello italiano sono: Afelio (testi, chitarre, sampler), Bradac (piano, synth e molto altro) e Rossana Landi che, con la sua dolcissima ed eterea voce, rende questo disco di una forte carica ambient-gotica. Le soavi melodie che si incastrano a perfezione con i testi, nonchè lo splendido booklet, fan tornare in menti paesaggi incantati, fiabe dalle mille e una notte. Un lavoro decisamente orientato verso territori ambient-ethereal ma che lascio lo spazio a linee e intrecci gothic-metal come ad esempio in Mandiàla - il brano di chiusura - o "La danza del ragno di cristallo".
"La conversione di Shani" fila liscia attraverso sottofondi musicali composti da ritmi fiabeschi, echi di usignoli, cigni e voci di bambini che giocano.
Malinconia, alternarsi di gioie e dolori, assoli di pianoforte ("Malìa") e sinfonia di forte impatto come "Polvere D'ireos": avete presente le musiche di Basil Pouledouris del film Conan?
"Miele dal salice": una fiaba a lieto fine, la rilassatezza, il non pensiero, frutta candita e pasta di mandorle.


... e possiamo anche vederci qualche videoclip.

1 marzo 2014

PURPLE PILGRIMS - Purple Pilgrims [Pseudo Arcana, 2011]

- Purple Pilgrims -

Dove ci sono sfumature di violaceo, allora ci sono anche io. Le Purple Pilgrims sono due graziose fanciulle neozelandesi - all'anagrafe Clementine e Valentine Nixon - ma residenti (pare) ad Hong Kong. Nel 2011 rilasciarono, per quella stramba etichetta australiana che è la Pseudo Arcana, questo breve album fatto di sole due tracce, che spaziano dall'acid-folk alla psicodronica ... il tutto con elevate dosi di malattia. Qui piacciono assai.


... dateci un ascolto, son solo due brevi canzoni.


Musicalmente assenti dal 2011, lo scorso anno sono uscite con qualcosa di ancor più malato e inquieto.


Tratto dallo split lp con Gary War, uscito per la britannica Upset The Rhythm

26 febbraio 2014

PAOLA PRESTINI - Body Maps [Tzadik, 2008]

- Paola Prestini -

... eh beh, direi che è davvero una gran bella donna, no?

- Paola Prestini -

- Paola Prestini -

Dunque: italiana, ma residente (mi pare) in Messico o negli Stati Uniti già da molto tempo. Compositrice, attrice teatrale, e molte altre cosine cosine interessanti, nonché molto brava ... a mio parere.


"Body Maps" che vedete in copertina è - a quanto pare - il suo ultimo lavoro, risale al 2008 ed uscì nientemeno per la Tzadik di John Zorn. Percussioni varie, viola, violino et violoncello ... più una stupenda voce, perfino un soprano. Classica moderna o contemporanea che dir si voglia. Un disco meraviglioso.

 
... assaggiate/vedete un pochino questo video e buon ascolto!

9 febbraio 2014

RuMOre, LaCRiMe ... Et TuRbaMeNTi - VoL. 3


Tracklist:

AGONIJE - Testament
AKRONIA - Above You
BRUME - An Amphibian
CAROLINE K - Animallattice
DISJECTA - Kracht
ENDVRA - Nailed To The Cross Of Pluto
HERZ JUHNING - Anorexia
JAHRTAL - Der Wandernde Musikant
JOHN AVERY - Didjinoid
MINNY POPS - Minny Pops
NENIA - Lamenti
NOCTURNAL EMISSIONS - Vegetation Flesh
PHRAGMENTS - Chant Of The Forsaken
SCATTERED ORDER - Bent Up
UNTO ASHES - Teach Me How To Drown


... speriamo sia di vostro gradimento.

3 febbraio 2014

MAURIZIO BIANCHI - Celtichants [Alone At Last, 2012]


 
Vi lascio una mia vecchia recensione scritta per OndaRock ...
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Voglia il cielo che il lettore, imbaldanzito e diventato momentaneamente feroce come ciò che sta leggendo, trovi, senza disorientarsi, la sua via dirupata e selvatica attraverso gli acquitrini desolati di queste pagine oscure e venefiche.
- Conte di Lautréamont -

Queste poche righe sono state estrapolate dal Canto I dai “Canti di Maldoror” del poeta maledetto Isidore Lucien Ducasse, cui l’industriale maestro Maurizio Bianchi dedica questo suo ultimo lavoro. Semplici ma tenebrose parole d’introduzione: un monito, una porta d’ingresso verso incubi apocalittici di sopravvivenza post nucleare che possono derivare da un solo ascolto di “Celtichants”.

Fornito in un gustosissimo e ben confezionato digipack in cinquecento copie, di cui le prime cinquanta autografate dallo stesso Bianchi, “Celtichants” – coadiuvato anche in quest’occasione dalle autorevoli e sapienti mani di Pharmakustik (Siegmar Fricke) – è un album massiccio e roccioso, come le immagini di strutture basaltiche che accompagnano l’artwork, ma anche microstrutturalmente duro quanto il sarcofago in granito della tomba del faraone Cheope situato all’interno della grande piramide di Giza.
Potrebbe tranquillamente essere stato registrato all’interno di un sottomarino sovietico classe tifone, intrappolato e in caduta libera sotto i ghiacci della banchisa polare artica.

Le paratie stagne si accartocciano e implodono; rivetti, dadi, viti, bulloni, tubazioni in acciaio nitrurato e manometri di profondità, esplodono per l’elevata pressione esterna, mentre intanto il tasso d’anidride carbonica comincia a prevalere sulle riserve d’ossigeno, fino al raggiungimento del collasso cardiaco e cerebrale degli ormai miseri e disperati marinai.
Il maledetto battello continua la sua discesa verso gli oscuri abissi oceanici adagiandosi nel sabbioso fondale; il freddo e l’oscurità prendono il predominio, quando all’improvviso l’assoluto e profondo silenzio viene squarciato da echi, cori e riflessi angelici che si ostacolano, s’intrecciano e battagliano con infernali e glaciali soundscape per la contesa delle numerose anime ingabbiate all’interno del sommergibile.

19 gennaio 2014

CHUBBY WOLF - Bouquets Of Vacant Jouissance, Live on KCRW [2008]

- Chubby Wolf -

- Danielle Baquet-Long (1982 - 2009) -

Così, avevo voglia di ricordare per un istante quel bellissimo progetto musicale creato da Danielle Baquet-Long aka Chubby Wolf. Ricordiamo a tutti che Danielle fu moglie e componente del duo ambient - tuttora attivo - Celer assieme al marito William Thomas Long. Danielle, tragicamente scomparsa in giovanissima età nel luglio 2009 per una complicazione cardiaca.

Mi piace ricordarla con questo estratto live del 2008 ...


Drone-ambient molto intenso e introspettivo. Buon ascolto!


Ciao Danielle ...

18 gennaio 2014

SACHIKO & RINJI FUKUOKA - Void [Musik Atlach, 2013]

- Sachiko & Rinji Fukuoka -

Seconda uscita del improvvisato duo nipponico. Titolo: "Void".


... e così anche Noi abbiamo improvvisato una specie di recensione e che (forse) a breve sarà pubblicata per OndaRock.
Non si capisce nulla, ma è quello che ci passava per la testa in quel momento. Leggete un pochino ... se vi va ...


L’età avanza e la memoria ormai vacilla. Nonostante “άTOMO∑” sia abbastanza recente nonché strepitoso, ho dovuto riascoltarlo per avere termini di comparazione, sfumature ed eventuali differenze con questa nuova uscita del nipponico duo Sachiko/Fukuoka.

 “Void” è la registrazione dal vivo che i due artisti tennero il 6 giugno 2011 presso lo Koenji ShowBoat di Tokyo; ciononostante ha come l’effetto di essere stata eseguita all’interno di una piccola gabbia di Faraday, mentre esternamente imperversano scariche elettriche da 20000 volts generate da giganteshe bobine di Tesla. Nessuna traccia di geometrie eteree, da oltretomba o riverberi da cattedrale gotica quindi, semmai presenta forme più rituali, accompagnate da tantriche voci, preghiere e invocazioni varie; in alcuni passaggi sembra quasi di ascoltare quelle lunghe note emesse dalle trombe tibetane.
I tremolii sono inseriti al momento giusto; il drone è sempre opprimente, pressante, metallico e cavernoso in alcuni istanti dei trenta minuti complessivi, ma soprattutto è elettrico.
Perché la scelta del titolo di questo disco è caduta su vuoto? Interessante argomento. La risposta si può (forse) trovare in due sole parole: elettricità statica. Avete presente, no? Dai, quell’accumulo di cariche elettriche così fastidioso che, se non ci si avvicina e se preso e considerato per il solo fenomeno, risulta innocuo e addirittura in un certo senso fa anche un pochino di tristezza.
Un banale, contorto e malatissimo discorso per scrivere che la statica è come quelle persone che, per loro natura, ritrovandosi ad essere sempre isolate e solitarie, sono altrettanto desiderose di donare e offrire tante gioie e pochi dolori: alla fin fine quel rilascio di elettricità è comunque un dare/ricevere, non siete d’accordo? Ecco da cosa deriva questa sensazione di into the void, ovvero: una sorta di attrazione.

A noi Sachiko continuerà a piacere quando oscilla fra l’etereo e il dannato – vedi “Hverfanda Hvél -, però questo secondo live, anche se inferiore al precedente, non dispiace poi così tanto.


Godetevi la performance in tutta la sue interezza e integrità.