... al momento il miglior disco che abbiamo ascoltato. Vi lascio quella specie di recensione che ho scritto per la webzine The New Noise, spero vi piaccia.
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Che strano personaggio Dave Phillips. Di madre francese e
padre inglese, ma nato e residente a Zurigo, in Svizzera. Tira avanti il
carretto da circa 25 anni. Dagli esordi grindcore coi Fear Of God e quelli
death-thrash metal dei Messiah, divagando attraverso qualche ottimo lavoro di
field-recordings, come l’esotiche registrazioni indonesiane (“Suara Alam
Indonesia”) e quelle degli insetti (“Insect”) che riportano immediatamente al lavoro
di Graeme Revell – leader degli australiani SPK - “Insect Musicians” (1986),
deve comunque la sua notorietà soprattutto alle urticanti sonorità noise dalle
tinte oscure e post-industrial. Sono appunto questi estremismi, non soltanto
sonori, che lo porteranno – intorno ai primi anni Novanta - a formare poi il collettivo
Schimpfluch-Gruppe: una sorta di moderna rivisitazione o tributo ad Hermann
Nitsch e il suo Wiener Aktionismus, comprendente noise-performer di tutto
rispetto come, in alcuni casi Marc Zeier (G*Park), ma soprattutto Rudolf Eb.er
(Runzelstirn & Gurgelstock), Joke Lanz (Sudden Infant) e Daniel Löwenbrück,
titolare peraltro della etichetta berlinese Tochnit Aleph.
Giunge quindi il doppio cd “Homo Animalis”, e prima uscita
della neonata Schimpfluch Associates. Supportato dallo straordinario lavoro al
mastering di Riccardo Mazza dei Lettera 22, questo disco è composto da dieci
tracce, realizzate – tranne due nel 2007 – nel periodo fra il 2009 e il 2011,
tutte rielaborate e rivisitate, ottenendo quasi 160 minuti di frastuoni
perversi e violenze acustiche. Non lasciamoci ingannare dal titolo, nessun
rimando della razza umana a clave, caverne o cose simili, ma bensì, come sottolinea lo stesso artista, il concept
(Humanimal) è da considerarsi come una sorta di uomo primordiale e puro, libero
da ogni legame materiale e religioso, orientato verso pensieri e concezioni
spirituali, sociali e ambientali. Concetti, idee e teorie Humanimal ben spiegate all’interno del booklet attraverso
brevissime frasi scritte e pensate dallo stesso autore.
Forse sarebbe meglio - come, dove e quando fate voi - concentrarsi sul tema affrontato
dall’album, anche perché le composizioni, nonostante il minutaggio, filano
lisce come se niente fosse accaduto, e questo significa che sono ben costruite.
Per queste tipologie di suoni, avere tanta immaginazione è una cosa
fondamentale, per cui ogni ascoltatore, avendone per fortuna una propria, può
captare e percepire sensazioni ed emozioni distinte.
Chi vi scrive non ne ha molta, o meglio, diciamo che l’ha
consumata (quasi) tutta. Si va dai cavernosi rituali che culminano coi
festeggiamenti attorno ad un fuoco (“The Less I Know”), alle corrosive scarnificazioni
e purificazioni dovute a lavaggi intestinali e dell’animo con acido ossalico
(“Rape Culture”), fino ad arrivare ai furiosi urlacci e alle esplosioni
termonucleari di “Humanimal B”, e a guerre batteriologiche, le distruzioni di
massa, il quarto conflitto mondiale combattuto a suon di decibel
batterio-radioattivi (“Humanimal A”). Tutto ciò nel primo cd, mentre nel
secondo si parte subito con “Novaturient”, intrecciando sfumature e posture di
morte zerokamiane (Zero Kama) con il magnetismo
post-industrial dei Das Synthetische Mischgewebe: come essere attraversati da
un treno ad alta velocità, privo di massa ma saturo di una potente carica
elettromagnetica. Le reminescenze dark-ambient da oltretomba di “Exipotic”
fanno da contraltare agli angoscianti e profondi lamenti di “So… What?”.
Chiude, infine, lo splendido assemblaggio noise derivato dagli effetti sonori
di “Kelelawar”, amplificati all’ennesima potenza, rendendoli assai taglienti,
per certi versi satanici, da girone infernale o meglio vampireschi. Mica per
caso, per la cronaca, Kelelawar - in lingua indonesiana - è appunto il nome di
quel grazioso animaletto volatile che qui chiamiamo pipistrello.
Nei giorni scorsi, per problemi vari, ho dovuto
assumere antibiotici, antidolorifici e antidepressivi, quest’ultimi non è vero,
scherzo, finora mai presi. Fatta la premessa, l’ascolto di “Homo Animalis” è
stato più funzionale di tutti gli analgesici che ho testato, ma soprattutto è
servito per uscire da una delle mie solite crisi di inquietudine mentale.
L’inquieto che quieta, da queste parti, funziona sempre. Io personalmente il
disco l’ho comprato, fatelo anche voi, anche se siete soggetti privi di
qualsiasi turbamento.